Home » Collaborazioni Coord.Contin. » Contratti a progetto (COCOPRO)

Contratti a progetto (COCOPRO)

COLLABORAZIONI CON E SENZA PROGETTO

L'articolo 62 del Decreto Legislativo n. 276/2003 (riforma Biagi) aveva disposto, per le collaborazioni coordinate e continuative, l'obbligo di un progetto specifico, determinato nel tempo, cioè con data di scadenza già fissata all’inizio, o determinabile nel tempo, ad esempio con la cessazione all’avvenuta realizzazione di un’opera.

Non erano tuttavia vincolate all’esistenza di un progetto le collaborazioni rese da:

  • componenti di organi di amministrazione e controllo di società;
  • percipienti la pensione di vecchiaia:
  • iscritti ad albi professionali per le prestazioni connesse;
  • agenti e rappresentanti di commercio;
  • partecipanti a collegi e commissioni;
  • prestatori di lavoro a favore degli organismi sportivi dilettantistici previsti dall’art. 90 della Legge n. 289/2002.   

Dalla Riforma Biagi esistevano pertanto, all'interno delle collaborazioni coordinate e continuative (co.co.co.), le collaborazioni coordinate a progetto (co.co.pro.).

ESCLUSIONE DI UN ORARIO DI LAVORO

La circolare del Ministero del Lavoro n. 17 del 14/06/2006, ammettendo per i call center le collaborazioni a progetto solo se riferite a telefonate in uscita, ad esempio per promozione vendite, ma identificando nel lavoro dipendente gli incarichi per rispondere a telefonate in entrata, aveva confermato l’importanza del requisito dell’orario di lavoro per identificare la natura di un rapporto di prestazione d’opera.

Era quindi da escludere l’esistenza di una collaborazione coordinata e continuativa quando le mansioni da svolgere richiedevano l’osservanza di un orario di lavoro (es. lavori di segreteria) salvo casi particolari dove, anche in presenza di un orario da rispettare, era indiscutibile l’autonomia operativa del collaboratore (es. alcune forme di insegnamento).

L'inapplicabilità di un orario di lavoro ad un contratto a progetto era stata ribadita dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 618/2015.

ENTITA’ DEL COMPENSO NEL CONTRATTO A PROGETTO

Il comma 23 dell'art. 1 della Legge 92/2012 stabiliva che il compenso del collaboratore non poteva essere inferiore ai minimi stabiliti in modo specifico per ciascun settore di attività dai contratti collettivi.

In assenza di contrattazione collettiva specifica occorreva fare riferimento alle retribuzioni minime previste dai contratti collettivi nazionali applicati alle figure professionali con profilo di competenza e di esperienza analogo a quello del collaboratore a progetto.

PROROGHE DEL CONTRATTO A PROGETTO

Non erano previste regole per le proroghe ai contratti a progetto, per cui si è ritenuto che potessero essere pattuite sempreché ne ricorressero i presupposti (es. mancata realizzazione di un’opera nei tempi previsti).

CONSEGUENZE PER INVALIDITA’ DEL CONTRATTO

L’accertamento della invalidità del contratto a progetto e quindi il riconoscimento di un rapporto di lavoro dipendente, a seguito contestazione di un organo ispettivo o di denuncia del lavoratore, potevano avere conseguenze pesanti perché, oltre pagare le differenze contributive con relative sanzioni, si poteva essere obbligati a riconoscere differenze retributive per compensi inferiori ai minimi contrattuali, il Trattamento di Fine Rapporto, le ferie e i permessi maturati nonché la trasformazione del rapporto da tempo determinato a tempo indeterminato.

Il comma 23 della Legge 92/2012 stabiliva che la mancanza di uno specifico progetto avrebbe configurato un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

Inoltre, salvo prova contraria a carico del committente, i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, anche a progetto, erano considerati rapporti di lavoro subordinato dalla data di costituzione del rapporto se l’attività del collaboratore veniva svolta con modalità analoghe a quella svolta dai dipendenti dell’impresa committente, fatte salve le prestazioni di elevata professionalità che potevano essere individuate dai contratti collettivi.

CERTIFICAZIONE DEL CONTRATTO A PROGETTO

Considerato che in molti casi poteva essere difficile stabilire l’effettiva natura di un rapporto di lavoro, l'articolo 75 del Decreto Legislativo n. 276/2003 (riforma Biagi) aveva disposto l’istituzione di apposite commissioni alle quali il committente poteva rivolgersi per farsi certificare la genuinità di un contratto a progetto.

Tali commissioni, ricevuta la richiesta di certificazione, dovevano convocare le parti (committente e collaboratore) entro 30 giorni, al fine di interrogarli e quindi convalidare il contratto, eventualmente con opportune rettifiche, oppure respingerlo. 

Salvo l’autorizzazione del presidente della commissione per comprovati motivi, le due parti interessate non potevano farsi rappresentare da terzi; potevano solo farsi assistere dalle rispettive organizzazioni sindacali o da un professionista autorizzato.

MINI CO.CO.CO.

In aggiunta ai casi sopra citati, il comma 2 dell’articolo 61 del Decreto Legislativo n. 276/2003 aveva precisato che non necessitavano di un progetto le prestazioni con ambedue le  seguenti caratteristiche:

  1. una durata non superiore a trenta giorni nell’anno solare, anche in periodi frazionati;
  2. un compenso non superiore ad euro 5.000 nell’anno solare.

La circolare INPS n. 9/2004 aveva precisato che, in caso di prestazioni rese per più committenti, i suddetti limiti andavano considerati per ogni singolo committente.

CONTRATTO A PROGETTO PER CALL CENTER

La sentenza n. 4476/2012 della Corte di Cassazione aveva sancito che il lavoro in un call center aveva natura subordinata, escludendo quindi la possibilità di un contratto a progetto, se soggetto ad un  controllo “particolarmente accentuato ed invasivo” e caratterizzato da “puntuali ordini di servizio”.

La circolare n. 14/2013 del Ministero del Lavoro aveva precisato le circostanze che ammettevano l'estistenza di un contratto a progetto nel caso di call center "outbound", cioè con lavoro limitato a telefonate in uscita per la ricerca di clientela.

In particolare, il collaboratore doveva essere libero di decidere:

 a) se eseguire la prestazione ed in quali giorni;

 b) a che ora iniziare ed a che ora terminare la prestazione giornaliera;

c) se e per quanto tempo sospendere la prestazione giornaliera.

DEFINIZIONE DI PROGETTO CON LA RIFORMA FORNERO

Il comma 23 dell’articolo 1 della Legge 92/2012 (Riforma Fornero) escludeva che, come invece previsto dalla Riforma Biagi, il lavoro a progetto potesse riferirsi a un “programma di lavoro o fasi di esso”, precisando che il progetto doveva indicare una azione o una cosa che si intendeva realizzare, che non poteva consistere in una mera riproposizione dell’oggetto sociale del committente e (con la modifica apportata dalla Legge 99/2013) non poteva comportare lo svolgimento di compiti meramente esecutivi e ripetitivi.

Il decreto legge 83/2012 aveva tuttavia ammesso il contratto a progetto per attività di vendita di beni e servizi attraverso call center con telefonate in uscita, a condizione che venissero riconosciuti i corrispettivi nella misura minima prevista dalla Contrattazione Collettiva Nazionale di riferimento.

RECESSO DAL CONTRATTO A PROGETTO

Il comma 23 dell'art. 1 della Legge 92/2012 stabiliva che Le parti potevano recedere prima della scadenza del termine solo per giusta causa.

Era tuttavia ammesso il recesso prima della scadenza del termine:

  • da parte del committente nel caso in cui una oggettiva inidoneità professionale del collaboratore rendeva impossibile la realizzazione del progetto;
  • da parte del collaboratore, previo preavviso, solo se tale facoltà era prevista nel contratto.

La Legge 99/2013 aveva sancito, in caso di recesso da parte del collaboratore prima della scadenza del contratto, l'obbligo della procedura di convalida previsto per le dimissioni del lavoratore dipendente.

LISTA DELLE MANSIONI INCOMPATIBILI

La circolare n. 29/2012 del Ministero del Lavoro aveva precisato i requisiti necessari di un rapporto per poter essere legato ad un contratto a progetto, elencando una serie di mansioni che comunque erano escluse perché tipiche del rapporto di lavoro subordinato.